Il «fine pena mai» degli insegnanti

Il 31 marzo è terminato lo stato di emergenza per la pandemia (ma c’è quello per la guerra fino al 2023).

Gli insegnanti sospesi dallo scorso dicembre, senza stipendio e senza alcuna forma di sussidio, potranno ritornare a scuola

Ma, pur dovendosi sottoporre regolarmente a tampone, non potranno entrare in contatto con gli studenti, non potranno svolgere il loro lavoro di insegnanti. Saranno pertanto impiegati in “altre mansioni” dai dirigenti scolastici fino al perdurare dell’obbligo vaccinale, previsto per il15 giugno.

Il ministro Bianchi sugli insegnanti

Il Ministro dell’istruzione Bianchi, rispondendo a un’interrogazione parlamentare a riguardo, ha dichiarato:

“La violazione di un obbligo non può restare priva di conseguenze. Si tratta, dunque, di un messaggio forte e coerente che si è voluto dare ai nostri giovani. Gli insegnanti inadempienti disattendono il patto sociale ed educativo su cui si fonda la comunità nella quale sono inseriti. Il puro e semplice rientro in classe avrebbe comportato un segnale altamente díseducativo”.

Un metodo che mette i brividi

Non voglio parlare dello stato d’animo con cui molti insegnanti stanno vivendo questo provvedimento. Non lo faccio perché da tempo ho capito che sul versante dell’empatia e della solidarietà (o dovremmo chiamarla semplicemente “umanità”?) si è creata una frattura, probabilmente insanabile. L’ho capito quando mesi fa chiedevo a diversi interlocutori se era accettabile che un ragazzino tredicenne venisse buttato giù da un autobus perché senza GP o che una donna venisse fatta scendere da un treno alle 10 di sera e lasciata da sola in stazione senza che passasse una coincidenza fino al mattino successivo, mettendola fisicamente in pericolo, o che un anziano fosse costretto a urinarsi nei vestiti perché non gli si consentiva l’accesso ai bagni nei locali pubblici.

Le risposte erano che sì, era accettabile, e infatti tutto questo, e molto altro, è accaduto veramente, nell’indifferenza pressoché generale

Per cui da costoro non mi aspetto oggi una qualche forma di empatia verso la condizione emotiva e psicologica degli insegnanti oggetto di questa nuova mortificazione, e perciò non ne parlo.

Come non intendo parlare delle incongruenze dal punto di vista sanitario di questo provvedimento. Non serve. Nessuno a questo punto cambierà più opinione, qualunque essa sia, sulla questione vaccinale e sulla gestione della pandemia.

Soffermiamoci invece sulle parole del Ministro: questo provvedimento è una una vera e propria punizione per gli insegnanti, e non ne fa mistero.

È una punizione per gli “inadempienti” e nel contempo un “messaggio forte e coerente” per i ragazzi: attenzione ragazzi!, certe scelte non possono restare senza conseguenze.

L’umiliazione degli uni diventa anche “avvertimento” per gli altri, due piccioni con una fava insomma.

Un metodo che mette i brividi, forse più consono a “certi ambienti” che non all’ambito scolastico ed educativo.

Ma il Ministro, nella foga punitiva, dimentica un fatto fondamentale: gli insegnanti non vaccinati o con gp non valido, hanno già pagato le conseguenze, si sono già assunti la responsabilità delle loro scelte.

Quando potevano accedere in classe solo con tampone negativo, da effettuarsi ogni 48 ore, si sono assunti il peso di pagare ogni due giorni 15 euro, di farsi lunghe code, a volte anche di ore, fuori dalle farmacie al freddo, il disagio di una procedura fastidiosa se non, frequentemente, persino dolorosa.

Quando sono stati sospesi dal lavoro si sono assunti l’onere di tirare avanti senza lo stipendio.

E oltre a questo, hanno sostenuto anche il peso delle altri restrizioni, cui sono stati sottoposti tutti cittadini non vaccinati o senza dose booster: divieto di accesso ai mezzi di trasporto e agli uffici e ai locali pubblici, ai luoghi culturali, sportivi e ricreativi, ai negozi, con la possibilità di accedere solo a farmacie e supermercati.

Il ministro mente

Non voglio entrare nel merito se tutto questo sia stato utile e giusto, davvero, non è questo il punto. Il punto è che il Ministro mente: gli insegnanti hanno già pagato le conseguenze delle loro scelte e, per restare (con notevole disagio) nella sua logica, se pagare le conseguenze è educativo per gli studenti, gli insegnanti hanno già adottato un comportamento educativo.

Il fine pena mai

L’emergenza è ufficialmente finita. Gli insegnanti rientrerebbero a scuola dovendosi comunque sottoporre a tampone. Pertanto, in base a queste condizioni, non rappresentano un pericolo sanitario (ammesso che lo siano mai stati). Non rappresentano un rischio sanitario e hanno già pagato le conseguenze delle loro scelte: quindi, per logica, essere anche demansionati rappresenta solamente un surplus di pena, inflitta in modo arbitrario, inutile e ingiusto.

Una sorta di “fine pena mai”, ai danni di chi ha già scontato la propria pena ma viene comunque trattato e considerato come un ergastolano.

Questo è educativo per gli studenti?

Questo è accettabile in una società civile?

Carlo D'Angiò

Carlo D'Angiò

Proprietario di questo sito e creatore di Carlissimo Me

18 anni di blogging e infomarketing. Decine di eBook scritti, venduti… e puntualmente scopiazzati da chi non ha più un’idea manco sotto tortura. Corsi che hanno generato milioni, e centinaia di webinar dove ho visto tutto: chi vola, chi si schianta, chi riappare anni dopo dicendo “avevi ragione tu”.

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2 Commenti

  1. Rosanna

    A pensarci bene . . . le parole di questo personaggio assolutamente privo di morale e di valori etici :
    ” Gli insegnanti inadempienti disattendono il patto sociale ed educativo su cui si fonda la comunità nella quale sono inseriti” , sono vere.

    Il patto sociale stabilito da “sappiamo CHI” col preciso intento di asservimento della comunità ai propri meschini disegni, è qualcosa da rifuggire, assolutamente da disattendere, e gli insegnanti che hanno usato il libero arbitrio per negare il consenso a farsi avvelenare dal siero genico, a mio avviso avrebbero dovuto evitare anche il tampone.

    Dovrebbero essere fieri di sè stessi per essere stati fermi nell’esercizio dei loro diritti.
    Io avrei dato proprio le dimissioni e avrei lasciato “il pollo a cuocere nel suo brodo” !

    Perchè questi insegnanti hanno tanta difficoltà a prendere in considerazione l’idea di trovare soluzioni alternative all’offerta tra l’altro mal pagata che li impegnerebbe per buona parte del loro tempo a servire il famoso “patto sociale” .

    Patto sociale poi tra chi!? E su cosa si fonderebbe” la comunità nella quale sono inseriti” ?

    Si vede a occhi nudo che queste fondamenta poggiano su degrado, mancanza di valori, cultura del futile e depravazione. Davvero ci vogliamo lavorare dentro e contribuire a sostenerla?

    Io dico che è ora di cambiare direzione. Insegnanti e alunni lascino le istituzioni e trovino soluzioni più in armonia con la natura umana e con i valori etici, gli stessi che il tizio di cui sopra non sa neanche cosa siano .

    Buona vita Elena.

    Rispondi
  2. Rosanna

    p.s.
    nel post sopra ho dimenticato di chiudere la frase col punto di domanda …

    “Perchè questi insegnanti hanno tanta difficoltà a prendere in considerazione l’idea di trovare soluzioni alternative all’offerta tra l’altro mal pagata che li impegnerebbe per buona parte del loro tempo a servire il famoso “patto sociale” ?

    (Carlo ti darò il tormento finchè non metterai l’opzione “modifica”)

    Rispondi

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