L’analfabetismo funzionale di 3° livello e i 175.000 mila morti italiani della pandemia

analfabetismo funzionale

Ho letto un articolo molto interessante e preoccupante su QDP News, che vorrei condividere con i miei lettori. L’articolo parla di un problema che affligge la nostra società italiana: l’analfabetismo funzionale. Secondo l’UNESCO, l’analfabetismo funzionale è la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità.

Il professor Giorgio Merli, nel suo intervento durante la serata inaugurale di “Cavalli in Villa” a Villa Spineda a Volpago del Montello, ha sottolineato che quasi la metà degli italiani, il 47%, rientra in questa categoria. Questo significa che una persona su due in Italia ha difficoltà a cogliere il nesso logico tra le cose, una percentuale molto più alta rispetto al 7% del Nord Europa.

Non si tratta solo di comprendere testi scritti, dove siamo solo leggermente peggiori rispetto a Francia e Germania. Il vero problema è la nostra capacità di analizzare criticamente un testo e trarne conclusioni utili per migliorare noi stessi e il mondo che ci circonda. Siamo molto deficitari in questo, tanto che ci affidiamo spesso a pensieri unici e alle interpretazioni altrui, rinunciando alla nostra capacità critica.

Ne abbiamo avuto prova durante la narrazione pandemica con la conseguente campagna vaccinale. Abbiamo visto con i nostri occhi fiumi di persone eseguire pedissequamente ciò che veniva loro ordinato, incapaci di analizzare criticamente ciò che stava accadendo e quali comportamenti logici adottare.

Alla fine di questo periodo ci ritroviamo, in Italia, con 175.000 morti senza motivo. Perché l’influenza covid-19, che non era una pandemia, si curava con lo Zitromax e il cortisone. Tant’è che i medici sani di mente, quelli non affetti da analfabetismo funzionale, hanno continuato a curare i malati in scienza e coscienza con i farmaci sopraindicati, senza perdere neanche un paziente.

Col Protocollo Speranza, quello della Tachipirina e vigile attesa, per intenderci, le persone venivano portate in ospedale, intubate, ricevendo il propofol, e poi morendo.

Abbiamo dunque due contesti molto semplici da analizzare, sui quali tuttavia l’analfabetismo funzionale di livello 3 – quello che, come spiega il prof. Merli, implica difficoltà di capire il nesso logico tra i fatti – ha impedito persino a medici e psichiatri di comprendere le aberrazioni che stavano propinando: 

  1. da un lato, un’influenza che si cura con Zitromax (e simili) e cortisone
  2. dall’altro, un’influenza che non si cura con Tachipirina e vigile attesa

Cosa fa la massa di fronte a questo scenario? Sceglie la soluzione 2, quella che uccide. È il cosiddetto “protocollo della morte”. Ovviamente, la massa non sceglie il protocollo della morte per il gusto di uccidere; lo fa semplicemente per evitare di pensare, affidandosi alla narrazione e alle raccomandazioni giornalistiche e ministeriali, manifestando in questo modo un livello altissimo molto preoccupante di analfabetismo funzionale.

C’è da capire che di fronte all’ovvio, l’analfabeta funzionale di livello 3 sceglie la strada sbagliata, quella delle scemenze, perché si rifiuta di pensare, affidandosi alla narrazione dominante. E questo è aberrante.

Ora, avremo di questi problemi con il clima e con l’”eco-ansia”. Teniamoci pronti.

Tornando al professor Merli, ha anche parlato dei recenti test Invalsi, che mostrano che 3 alunni di quinta elementare su 10 mostrano livelli insufficienti nella padronanza della lingua italiana. Queste capacità di base sono indispensabili per fare ragionamenti logici, quelli che servono per fare business, per migliorare la qualità della nostra vita e per contribuire al PIL.

La tecnologia, come l’intelligenza artificiale, potrebbe peggiorare una condizione di analfabetismo funzionale, ma potrebbe anche essere un’ottima alleata in caso di buone capacità intellettive. 

Questo passaggio di Merli rafforza ciò che ho sempre sostenuto, ovvero, che l’AI è un amplificatore di ciò che siamo, del nostro valore umano, esperienziale e cognitivo. Se abbiamo un valore, questo può essere amplificato. Se non abbiamo un valore, non c’è nulla da amplificare.

Per gli “analfabeti funzionali”, le nuove tecnologie rappresentano un grosso vantaggio perché velocizzano i tempi e la comprensione di nessi logici fra le cose in modo clamoroso e quindi aumentano la potenzialità del cervello.

Invertire la rotta non è cosa facile. Per uscirne, bisogna cambiare le modalità educative, passando dal nozionismo a più ragionamenti logici. Serve dunque riformare la scuola e riportarla a ciò che era un tempo: un Lugo per imparare a ragionare, non per formare soldatini di plastica di fabbriche obsolete.

Ma per alimentare questa capacità e vederne i frutti, bisognerà attendere una generazione. Sul breve periodo, a mio avviso, bisognerebbe sfruttare quel 50% di “alfabeti funzionali” per colmare il gap tecnologico sconfortante dell’Italia rispetto agli altri paesi e accelerare la crescita del PIL.

“Siamo italiani e ce la faremo anche questa volta” potrebbe non funzionare più.

1 commento

  1. Roberto

    Purtroppo le persone non si mettono in discussione e non cercano neanche di ascoltare. Con il post covid hanno taciuto perché in torto.

    Rispondi

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