Tra la Vita e la Morte: il ruolo della libertà nella nostra esistenza

Anche in questa giornata, molte vite sono state perse in circostanze misteriose. Mentre i canali di informazione principali potrebbero trovare queste morti inspiegabili, per noi, che abbiamo combattuto per la verità negli ultimi tre anni, queste circostanze non sono affatto sorprendenti. Tutto questo è in linea con ciò per cui ci siamo battuti, diventando spesso bersagli di offese, minacce e derisione.

Tuttavia, vorrei ancora una volta condividere un punto di vista che potrebbe essere ignorato da coloro che sono più vulnerabili o più facilmente influenzabili dal sistema dominante. Questa prospettiva potrebbe offrire un filo logico per comprendere ciò che sta accadendo, un filo che spesso sfugge a coloro che sono maggiormente sottomessi alle influenze del mainstream.

C’è una sola certezza nella mia vita che risulta essere indiscutibile quando applico la fredda logica matematica: il mio corpo, come ogni altra cosa nel mondo fisico, non sarà eterno. Ad un certo punto, inevitabilmente, le mie funzioni vitali cesseranno. Per quanto mi riguarda, spero sinceramente che quel giorno rimanga il più distante possibile dal presente. Amo profondamente questa esistenza terrena e il calore umano delle persone che mi circondano e che hanno reso la mia vita straordinaria.

Nonostante tale certezza, però, il suo modo e il suo tempo rimangono misteri che neppure la più avanzata scienza è in grado di svelare. Osservando il mio corpo, malgrado alcuni acciacchi legati all’età, non avverto particolari sintomi preoccupanti. Sono quindi privo di qualsiasi indizio che possa suggerirmi verso quale “porta di uscita” la mia vita si stia indirizzando. Potrebbero essere i polmoni, per via del mio viziaccio. O forse il cuore, per le stesse ragioni. Oppure potrebbero essere i reni, o potrei addirittura essere colto di sorpresa da un fulmine, o dal morso di una vipera. Le possibilità sono infinite.

Quando arriverà il mio momento, ci potrebbero essere articoli sui giornali che ricordano la mia figura, oppure potrebbero essere gli amici a commemorarmi con un brindisi e un sorriso. Ma forse, nessuno farà nulla. Forse mi sarà donato l’onore supremo: quello del silenzio. Dopotutto, come dice un vecchio adagio filosofico, “il più grande onore è essere dimenticato dal mondo, poiché ciò significa che abbiamo vissuto in pace con esso”.

Dalla scomparsa di mia madre, ho appreso che, quando si avvicina quel momento ineludibile, se sei pronto è meglio. Questa lezione mi ha fatto capire che la spiritualità dovrebbe far parte della nostra vita più di quanto facciano parte le facezie egoiche del lavoro o della routine. Il problema è che la società non ci insegna questa verità fondamentale. Siamo noi a doverla scoprire, camminando lungo il tortuoso sentiero della vita. Se siamo fortunati, arriveremo a questa consapevolezza in tempo per prepararci al meglio per il viaggio che tutti dobbiamo affrontare. 

Eh già, per me è un viaggio, un viaggio di ritorno a casa in quel grande e popoloso condominio di amore e bellezza universale dove il “perdono” è la chiave di tutto, ma è la chiave più difficile, un principio talmente profondo e cruciale che, nonostante i millenni di evoluzione, abbiamo ancora difficoltà a comprendere appieno. Ci domandiamo perché il perdono sia così importante, perché sia così centrale per la nostra esistenza. Forse perché, in ultima analisi, il perdono è l’espressione massima dell’amore, un amore che va oltre le offese, i torti e le delusioni, un amore che abbraccia ogni aspetto della nostra umanità.

Tuttavia, questa è una riflessione molto intima e personale. Nonostante io non abbia alcuna difficoltà a condividere in pubblico le mie riflessioni, comprendo che possono risultare intense o persino provocare disagio a chi le legge. Sono idee che si avvicinano al dominio della spiritualità, un territorio che ognuno di noi esplora in maniera unica e personale.

Per questa ragione, preferisco lasciare queste considerazioni qui, come un seme di pensiero che potrebbe germogliare in un momento opportuno. Spero di poter riprendere questo discorso in futuro, magari prima che arrivi quel morso di vipera metaforico che tutti dobbiamo affrontare. 

La consapevolezza della nostra mortalità può essere un potente stimolo per esplorare la dimensione spirituale della nostra esistenza e per vivere la nostra vita con più intensità, amore e consapevolezza. Tuttavia, non può esserci amore e consapevolezza senza la libertà di scegliere, di perdonare, di amare e di crescere. Come Gesù disse nel Vangelo di Giovanni (8:32), “Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi.” Questo sottolinea l’importanza della libertà nell’acquisizione della verità, che porta alla piena realizzazione della propria vita e alla piena espressione dell’amore e della consapevolezza. 

La libertà è la condizione necessaria per realizzare il nostro pieno potenziale come esseri umani e come esseri spirituali. Ma è anche ciò che ci permette di affrontare il nostro destino a testa alta e di ritornare a casa a missione compiuta. Perché se non ritorni libero, la tua missione è incompleta. E non potrai evolvere.

Il destino del mio corpo, come quello di molte persone che in questi giorni stanno soccombendo a cause di morte improvvisa e inaspettata, è inevitabile. Come ho detto prima, non mi aspetto che il mio destino sia diverso.

Tuttavia, c’è una differenza sostanziale tra accettare il proprio destino con consapevolezza e libertà, e cadere vittima di inganni che ci lasciano all’oscuro del vero percorso della nostra vita. Morire liberi è un’esperienza totalmente diversa dall’essere ingannati e morire inconsapevoli. Sostenere l’inganno non è un segno di libertà, ma di schiavitù. Per essere veramente liberi, dobbiamo avere il coraggio di cercare la verità, anche quando è scomoda o dolorosa. Solo allora potremo affrontare il nostro destino con integrità e dignità.

Socrate ci direbbe che la libertà autentica risiede nel dominio di sé, nell’intima comprensione della propria anima e nella pratica della virtù. Morire in libertà è morire in piena consapevolezza del nostro vero essere, con la conoscenza che abbiamo vissuto la nostra vita secondo i principi di verità e giustizia. L’inganno, sia che ci sia imposto o che lo imponiamo a noi stessi, è una prigionia della mente. E come tale ci priva della libertà di vivere la vita nella sua pienezza. 

Dobbiamo dunque impegnarci nello sforzo continuo di conoscenza interiore e di introspezione, per sradicare le menzogne e gli inganni che ci ostacolano nella ricerca della verità e della libertà.

Solo così, moriremo non come vittime inconsapevoli, ma come navigatori coraggiosi dell’oceano della vita. Cogliere questa piccola differenza è un grande passo verso la piena comprensione del significato della nostra esistenza. È l’ultimo, ma forse il più importante, atto di amore e di rispetto verso noi stessi e il grande mistero che è la vita.

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