Non avrai nulla e sarai felice? Ecco come prepararsi alla perdita del lavoro

Prepararsi alla perdita del lavoro

Immagina un futuro dove i robot non si limitano a raccogliere il grano in una competizione silenziosa per il premio del lavoro più monotono, ma eccellono anche nell’intonacare pareti con un’eleganza che sfiora il comico, o nel dominare il tavolo da ping pong contro gli umani, facendo sembrare il furto di una caramella a un bambino un’impresa ardua in confronto. E quando si parla di boxe, si divertono a far tintinnare i nostri volti come se fossero campane in festa. In questo scenario, dove l’automazione e l’intelligenza artificiale riscrivono le regole del gioco lavorativo, come prepararsi alla perdita del lavoro diventa una questione non solo attuale ma cruciale, spingendoci a riflettere su come navigare in queste acque inesplorate con saggezza e proattività.

Robot in azione
Robot in azione

Questo scenario, che ho profetizzato già nel lontano 2008 mentre i lettori del mio primo blog si rotolavano dalle risate a mie spese, sta diventando realtà. E sì, la profezia è sulla buona strada per avverarsi: i lavoratori stanno diventando obsoleti, e saranno sostituiti da macchine che, presumibilmente, non si lamentano mai di dover lavorare nei giorni festivi.

Quel simpaticone di Klaus Schwab del World Economic Forum ci ha lanciato un augurio piuttosto discutibile: “Non avrai nulla e sarai felice”. 

Ora, la parte del sarai felice è soggettiva, dipende molto da quanto ti piace l’idea di vivere senza le tue cose. Però, la parte del non avrai nulla, quella sì che sta prendendo piede. Sembra che stiamo tutti per essere iscritti a un corso accelerato di minimalismo estremo, piaccia o non piaccia.

Quindi, ecco la domanda che si trova sul tavolo da pranzo di ogni buon padre di famiglia, accanto al sale e al peperoncino: cosa diamine faccio se il mio lavoro va in fumo come un trucco di magia poco convincente? Dove sbatto la testa, se domattina mi dicono che non servo più?

C’è gente che da di matto. Ho letto cose assurde, del tipo, “mi vergono a essere licenziato”, oppure, “mi fa più paura il licenziamento che la morte”. Mi chiedo cosa sia successo a queste persone durante l’infanzia per arrivare a ragionare in modo così imbarazzante. 

Ti vergogni di essere licenziato? Davvero? E da quando l’opinione altrui ha iniziato a pesare più del piombo? La vera questione è come pensi di cavartela, come intendi mantenere te stesso e i tuoi cari, non il giudizio della signora Carlotta dall’altra parte della strada. Concentrati sulle priorità, caro mio, non sulle chiacchiere da salotto.

Ed è per questo che oggi mi sono messo il cappello da salvatore della patria, pronto a tuffarmi in questo tema scottante. Mi sento un po’ come un supereroe dei tempi moderni, offrendo ai miei lettori fedeli una tavola di salvezza. Quel giorno, sfortunato, certo, ma statisticamente probabile, potrebbe arrivare: una mail o, peggio, un messaggio WhatsApp, ti dice che sei licenziato.

Orrore puro. Giusto?

Be’, stai a sentire il vecchio zio Carlo. Segui i passi che sto per delineare, e ti garantisco che non solo attraverserai questa tempesta con l’eleganza di un gatto che si rifiuta di bagnarsi le zampe, ma lo farai con una tale grazia e compostezza che farà sembrare gli altri come se stessero partecipando a una gara di chi perde la dignità più velocemente. Sì, perché mentre il mondo intorno a te si scioglie in un pozzanghera di panico e disperazione, tu camminerai attraverso il caos con la calma di chi ha un piano, uno di quelli buoni.

Fai il login, e comincia a preparare il tuo maestoso piano di salvataggio.

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Carlo D'Angiò

Autore. Speaker. Publisher. Consulente. Coach. Podcaster. Esperto di blogging business e online marketing, di comunicazione grafica e video.

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