Perché un imprenditore ha bisogno di fare un bilancio emotivo e spirituale della propria vita

Fare un bilancio della propria vita

Si avverte l’avanzare dell’età quando, superati i cinquanta anni, cominci a scrivere articoli che parlano di fare un bilancio della propria vita

Ci sarà un motivo. No? Del resto, siamo ben oltre il “mezzo del cammin di nostra vita”. E se la prima parte è già andata via così velocemente, diventa evidente la necessità di non sprecare il tempo rimanente in banalità. E la cosa curiosa è che a cinquant’anni le banalità sono ciò che per i giovani rappresentano i grandi obiettivi da raggiungere.

Non è mia intenzione minimizzare le aspirazioni dei giovani o esaltare quelle degli anziani, o viceversa. Piuttosto, è una constatazione derivante dall’esperienza che ciascuno porta con sé.

Aristotele, nel suo trattato “Retorica”, dedica un intero libro alla contrapposizione tra giovani e anziani. Egli descrive i giovani come euetheis, ossia aperti e sinceri, a differenza degli anziani, definiti come kakoetheis, perfidi e cinici. Questa positività dei giovani, però, nasce dal fatto che non hanno visto ancora molte malvagità. I vecchi, invece «essendo stati più volte ingannati e avendo più volte errato…», sono diffidenti e chiusi, «sospettano sempre il male a causa della loro diffidenza, e sono diffidenti a causa della loro esperienza».

Questo per sottolineare che tra noi imprenditori ultra-cinquantenni e i più giovani esiste una differenza sostanziale nel linguaggio e nella percezione del mondo, dovuta non solo all’età ma anche all’esperienza. Ciò di cui parliamo è spesso incomprensibile per i più giovani, semplicemente perché non hanno ancora l’esperienza necessaria per comprenderlo. Un giorno, certamente, la acquisiranno. E allora capiranno.

Ma capiranno cosa?

A fine dô juorno sta tutta cca (Alla fine del giorno, tutto si riassume in questo)

Nel dodicesimo episodio della seconda stagione di “Gomorra“, Pietro Savastano, tornato a regnare su Scampia dopo aver sconfitto l’Alleanza, si dirige verso la cappella di famiglia per un incontro con Genny. Tuttavia, una volta arrivato, si trova di fronte a Ciro, l’uomo a cui ha fatto uccidere la figlia per intimidirlo. Comprendendo il tradimento di suo figlio Genny e accettando il suo destino inevitabile, don Pietro si toglie gli occhiali e, con voce flebile, esclama: “A fine dô juorno sta tutta cca!”. Ciro, che concorda con lui sul fatto che “A fine dô juorno sta tutta cca”, gli spara in testa, ponendo fine al suo dominio come boss di Scampia.

“A fine dô juorno”, la fine del giorno, a cui si riferisce don Pietro, simboleggia la fine della vita. La sua esclamazione, un misto di paura e consapevolezza improvvisa di una morte imminente, rappresenta la delusione di un uomo costretto a bilanciare la propria esistenza nell’istante in cui si trova sulla soglia della cappella di famiglia.

Saltare da Aristotele a un personaggio di “Gomorra” è come passare dall’ascoltare un concerto di musica classica a una frenetica battaglia di rap: entrambi espressioni artistiche, ma con ritmi e toni che non potrebbero essere più differenti. Eppure, da quando ho visto la serie, le parole “A fine dô juorno sta tutta cca” mi hanno profondamente colpito e continuano a riecheggiare nella mia mente ogni volta che penso a un imprenditore che, al pari di don Pietro, si dedica ossessivamente al guadagno e alla produzione, trascurando affetti, amicizie, matrimonio, figli e altri aspetti fondamentali della vita.

Questa ossessione per il successo materiale, a scapito delle relazioni umane e della crescita personale, rispecchia una realtà che molti imprenditori si trovano ad affrontare. La vita di un individuo, infatti, non può essere misurata soltanto in termini di successo professionale o accumulo di ricchezze.

Il pensiero della morte

Il pensiero della morte è un tema universale, che tocca ogni essere umano indipendentemente dal contesto in cui vive. Non è necessario trovarsi in un contesto drammatico come quello di “Gomorra” per essere confrontati con l’inevitabilità della fine. La morte può sorprendere chiunque, in qualsiasi momento e in qualsiasi modo. E quando arriva quel momento, quando non c’è più tempo per rimediare, quali pensieri ci attraverseranno la mente? Quali domande ci porremo? A quali conclusioni giungeremo?

A cinquant’anni, anche se tentiamo di sfuggire al destino con diete salutari, esercizio fisico intenso, controlli medici regolari e creme antirughe, la verità è che il pensiero della morte rimane, sebbene piccolo, latente, un ospite silenzioso nei recessi della nostra mente. Lo teniamo nascosto, celato nei meandri più imperscrutabili del nostro essere, ma è sempre lì, pronto a manifestarsi inaspettatamente. Come quando una canzone degli anni ’90 ci fa improvvisamente scoppiare in lacrime, perché molta gente di quei ricordi dolcissimi, oramai, non c’è più.

Fare un bilancio della propria vita

Fare un bilancio della propria vita è un’esercizio che va oltre la semplice autoanalisi o introspezione. Nel mio blog, tendo a essere autentico e diretto (Io sono), condividendo i miei pensieri più personali senza preoccuparmi eccessivamente di come possano essere percepiti. E sì, anch’io rifletto su questi temi. Ma valutare la propria vita non deve essere considerato un fardello oscuro associato all’inevitabilità della fine. Al contrario, vedo in questo un’opportunità preziosa per molti di noi di affrontare e risolvere quelle aree problematiche della nostra esistenza che continuano a causarci disagio e stress.

Anche un imprenditore di successo, che eccelle nel suo campo e genera profitto, può portare nel cuore dolori pesanti come macigni. Questi possono riguardare conflitti irrisolti con partner, figli, genitori, fratelli, amici o con se stessi. E sebbene non voglio aprire ora un dibattito sulla vita oltre la vita, un tema sicuramente degno di attenzione, ciò che rimane evidente è la figura di un uomo incompleto e insoddisfatto. Questo carico di dolore e tristezza può contaminare il nostro corpo e la nostra mente, limitando la nostra capacità di essere non solo imprenditori di successo, ma uomini di successo.

Fare un bilancio della propria vita può essere un ottimo punto di partenza per capire come e quando agire per iniziare a risolvere i conflitti, superare i rimpianti e trasformarli in gesti di amore e affetto. Probabilmente, ciò richiederà di liberare tempo da dedicare ai problemi che affollano la mente. Forse sarà necessario creare sistemi di business più automatizzati per liberare quel tempo. O forse, ciò che serve è un cambio di prospettiva, per comprendere che non sono le ore trascorse in aereo o in sala riunioni a definire la grandezza di un uomo, ma i ricordi meravigliosi creati con le persone amate.

Alla fine del giorno, non sarà il tuo marchio a lasciare un’impronta indelebile, ma i ricordi del tempo trascorso insieme a te.

Questa è la vera eredità che un uomo può lasciare dietro di sé.

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