Codice Vittoria

Una serie di racconti illustrati che uniscono apprendimento, creatività e insight professionali

Vittoria Sterling #7: strepitoso intervento a Milano sull’obsolescenza della lead generation

“Vi illudete di essere diversi”, pensai, mentre la sala conferenze dell’Hotel Michelangelo si tinse di un silenzio quasi sacrale. La mia voce, un filo di seta che intrecciava verità e provocazione, era l’unica ad osare rompere quella quiete.

“Credete di essere i ribelli del sistema, i visionari che sanno sfidare il consueto. Ma in realtà,” e qui lasciai che le mie parole cadessero come gocce in uno stagno, “non fate altro che seguire la scia di chi è passato prima, di quelli che avete letto negli ultimi bestseller. Vi aggrappate a queste consuetudini con la stessa disperazione di un naufrago a un relitto”.

I miei occhi scansionarono la folla, centinaia di volti, un mosaico di aspettative e pregiudizi. Potevo quasi sentire il loro respiro sospeso, le menti che lavorano frenetiche per assimilare il mio azzardo. “E voi, marketer, formatori dell’online, vi credete audaci, ma siete intrappolati nelle vostre stesse paure, prigionieri di una sicurezza fittizia. Non osate veramente, non vi spingete oltre il visibile”.

“Quelli più facoltosi tra di voi”, lanciai lo sguardo verso le prime file, “hanno reso l’arte di prendere decisioni una merce, un servizio per cui pagate a peso d’oro. Per ogni piccolezza, dal redigere una semplice email alla scelta di un colore per il cestino sotto la fotocopiatrice, avete il vostro oracolo in abito business, un saggio a stipendio. Eppure, anche questi oracoli non fanno altro che ripetere formule apprese, incatenati a metodologie che hanno perso il gusto del rischio”.

Il mio intervento, quella mattina, riguardava la generazione di contatti nell’era dell’intelligenza artificiale. Ascoltando i relatori che mi avevano preceduto, mi accorsi che nessuno tra quelle persone, né i piccoli blogger né i magnati, né i novellini né i veterani, sembrava in grado di evadere dal coro, di offrire una narrazione diversa dalla retorica consueta del lead magnet, quel cliché costoso vestito da strategia di marketing infallibile.

Un mormorio di sorpresa serpeggiò tra gli astanti quando, dopo aver lasciato che il silenzio si insinuasse tra noi come una sfida, ripresi parola con maggiore audacia, “Diciamocelo, siete dei truffatori”. La tensione era palpabile; il moderatore, visibilmente turbato, osservava il microfono come se meditasse un intervento, forse per stemperare l’atmosfera o deviare il corso della mia accusa.

Ma non gliene diedi il tempo. “Permettetemi di spiegarmi”, continuai, mentre un silenzio attento e carico di aspettative si stendeva nella sala. “Vi considero truffatori non per malizia o per un malinteso senso di superiorità, ma per la semplice realtà che incassate soldi promettendo verità e chiarezza a chi è alla ricerca disperata di risposte – risposte che, in verità, non possedete. Vi rifugiate dietro al successo di strategie altrui, strategie che hanno brillato sotto altri cieli, in altri tempi, ma che oggi languono in un limbo di inefficacia. Allora, ditemi, che valore ha la vostra consulenza, se non è altro che l’eco di esperienze passate, mai personalmente vissute? Se vendete saggezza che non è vostra, non stiamo parlando forse di truffa?”.

In quel momento, il moderatore, visibilmente impaziente, interruppe il flusso dei miei pensieri. Con una voce che tradiva un mix di curiosità e sfida, intervenne: “Scusami, Vittoria, ma sembra che tu consideri la tradizionale lead generation un approccio obsoleto, inadeguato per i nostri clienti o per noi stessi. Ora, permettimi di chiederti: qual è il tuo metodo, allora? Anche tu ti dedichi alla generazione di contatti, non è vero? Non applichi forse, in qualche modo, la stessa lead generation che stai criticando?”.

L’ingenuità di Maurizio, il moderatore, mi fornì il perfetto spunto per dimostrare ancora una volta la mia superiorità in materia. Non era difficile distinguersi come esperta in un mare di mediocrità, soprattutto quando le domande venivano servite su un piatto d’argento così. Maurizio, con quella sua barba trasandata che tentava di mascherare più una mancanza di personalità che di stile, e quell’abbigliamento che gridava a gran voce un disperato tentativo di apparire alla moda, era il perfetto esempio di “professionista” che popola questi eventi: superficiale, poco preparato, e incredibilmente prevedibile.

Non avevo avuto il “piacere” di conoscerlo prima di quel giorno, ma bastò uno sguardo per catalogarlo. Gli organizzatori dell’evento mi avevano presentato a lui e ad altri simili a lui come se stessero offrendo il loro migliore atto di ospitalità. Eppure, per quanto mi sforzassi di trovare valore in questi scambi superficiali, non potevo fare a meno di sentirmi come un’aquila circondata da tacchini.

La domanda di Maurizio, così prevedibilmente ingenua, mi offrì l’opportunità di mettere in luce la banalità dei loro approcci. Avrei potuto facilmente metterlo in imbarazzo davanti a tutti, ma scelsi un approccio leggermente più misurato. Risposi con una domanda che, pur creandogli disagio, non avrebbe scatenato un putiferio. Dopotutto, la questione non riguardava solo la sua persona, ma era emblematica dell’intera industria: “Maurizio, rifletti un momento. Quante volte ti sei registrato per ricevere un ebook o un corso via email gratuiti.  Sei diventato cliente pagante della persona che te lo ha regalato? Ricordi almeno chi te l’ha inviato, o da quale piattaforma?”.

Con questa domanda, intendevo non solo evidenziare la superficialità della loro comprensione della lead generation, ma anche stimolare una riflessione più profonda sull’efficacia delle strategie che promuovevano con tanta sicurezza. Era un modo per smuovere le acque, per farli interrogare sulle reali dinamiche del mercato e, forse, per spingerli a cercare approcci più autentici e meno convenzionali.

Un silenzio palpabile avvolse la sala, mentre Maurizio cercava disperatamente una via di fuga dalle mie parole. Ma prima che potesse articolare qualsiasi forma di pensiero, presi nuovamente la parola, chiudendogli ogni possibile via d’uscita.

“Sono disposta a scommettere che la risposta è no. E ti spiego anche perché: primo, volevi semplicemente l’omaggio, e non ti importava da chi o da dove provenisse; secondo, ti sei prontamente cancellato dalla mailing list, per non essere bombardato da messaggi promozionali; terzo, la persona da cui l’hai scaricato è più un concorrente nel tuo settore che un venditore/fornitore da cui avresti acquistato; quarto, sei uno che ama imparare a fare da solo, e per questo cerchi informazioni ovunque, ma non c’è mai stata davvero l’intenzione di acquistare da parte tua; e infine, avrai anche aperto l’omaggio una volta, ma poi non l’hai mai più guardato, dimenticandolo in qualche cartella sul desktop che dopo qualche mese sposterai in archivio”.

Maurizio annuiva. Io sorrisi, rivolgendomi alla sala. Le mie parole, chiare e taglienti come lame, disegnarono un confine netto tra me e l’approccio superficiale e antiquato alla lead generation che dominava quel convegno. La mia sfida era lanciata, non solo a Maurizio, ma a tutti loro: era tempo di riconsiderare le proprie strategie, di abbandonare vecchie abitudini per esplorare territori inesplorati, con la guida di chi, come me, aveva già mappato quelle terre sconosciute con successo.

“A questo punto”, aggiunse Maurizio, pendiamo tutti dalle tue labbra. Illuminaci, Vittoria, per favore”.

Con un sorriso che nascondeva la mia determinazione, risposi: “La soluzione sta nel blog. È tempo che ciascuno di voi apra un blog e lanci un piano di membership, potrebbe essere anche gratuito all’inizio. La questione non si riduce infatti al mero guadagno, almeno non in questa fase. Si tratta piuttosto di adottare un approccio rispettoso e ponderato verso le informazioni che voi e i vostri utenti, da prospettive diverse, dovete valorizzare adeguatamente. È necessario abbandonare quella pratica ormai abusata e poco trasparente di scambiare la propria email per un PDF o altre risorse simili. La conoscenza è un bene prezioso, che merita di essere trattato con il massimo riguardo. Se desideri accedere al mio sapere, allora devi fare una scelta consapevole di unirti alla mia community. Questo significa che, prima di tutto, voi marketer dovete cambiare la vostra prospettiva: non siete voi ad aver bisogno dei contatti, ma sono i contatti ad aver bisogno di ciò che avete da offrire. Se avete compreso questo concetto fondamentale, allora è ora di smettere di rincorrere i lead, perché equivale a inseguire ombre. Ciò che dovete fare, invece, è produrre contenuti di qualità, ma accessibili solo in parte, per acquisire membri.”

Mi fermai un attimo, lasciando che le mie parole si sedimentassero. L’idea di “contenuti accessibili solo in parte” aveva visibilmente destabilizzato i presenti, seminando il dubbio in una sala che fino a quel momento, bene o male, aveva navigato in acque tranquille di convenzionalità e sicurezze apparenti. Era chiaro che la mia proposta di cambiamento non era soltanto una sfida tecnica, ma un invito a ripensare radicalmente il modo di interagire con il proprio pubblico.

Dedicai circa mezz’ora, forse un po’ più, a illustrare in dettaglio il concetto della lacuna conoscitiva e la strategia dei contenuti parzialmente accessibili. Man mano che procedevo nella spiegazione, osservavo la platea trasformarsi: dapprima scettica, poi curiosa, fino a quando non si accese negli occhi di molti una scintilla di comprensione, seguita da un bagliore di entusiasmo puro. Questa trasformazione, questo passaggio dalla diffidenza all’ammirazione, è sempre stata per me fonte di una soddisfazione indescrivibile.

Al termine del mio discorso, l’applauso che ne seguì fu così vibrante e caloroso da rimbombare nelle mie orecchie come una dolce sinfonia. 

Mentre mi avviavo verso il bar per una meritata pausa caffè, un nugolo di persone mi seguì, desiderose di approfondire la conversazione, di chiedere consigli, di condividere le proprie esperienze. Tra strette di mano, scambio di biglietti da visita e richieste di consulenza, mi resi conto di aver guadagnato l’attenzione e l’interesse di almeno cinquanta nuovi clienti.

Nei mesi a seguire, avrei guidato ciascuno di loro nell’arte del blogging business, un’arte che avrebbe arricchito le loro vite e le loro aziende, ma più di tutti avrebbe arricchito me con una caterva deliziosa di bonifici.

Questo è il tessuto della mia esistenza: sapere un po’ più degli altri e far sì che questo sapere sia noto. Il resto, come per magia, segue il suo corso. Un caro amico e collega, Carlo D’Angiò, è solito ripetere: “Se sai cantare, canta”. Intende dire che se il tuo canto è gradito, se la tua voce è melodiosa e piacevole all’ascolto, non occorre fare altro per essere notati e apprezzati.

Il talento, se genuino, trova sempre il suo palcoscenico.

Questa filosofia si applica perfettamente al mondo del blogging e della conoscenza. Quando si offre valore autentico, il marketing diventa quasi superfluo. L’obiettivo diventa quello di accrescere il proprio valore, di arricchirsi interiormente e condividere questa ricchezza con gli altri. Nel regno del blog, il valore si traduce in conoscenza, in quella conoscenza che illumina, che apre nuove strade, che trasforma. 

Ecco, questa è la mia arte, la mia passione, il mio impegno: diffondere la conoscenza, creare valore, e attraverso questo processo, lasciare un’impronta indelebile nel mondo.

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Carlo D’Angiò

Autore, publisher e speaker di rilievo. Consulente e coach specializzato in blogging business e online marketing. Podcaster appassionato e pioniere nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale applicata al testo e alla grafica.

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