Codice Vittoria

Una serie di racconti illustrati che uniscono apprendimento, creatività e insight professionali

da | Dic 15, 2023 | Codice Vittoria | 0 commenti

Vittoria Sterling #5: serata a Villa Dama, il futuro di Chat GPT con i data trainer

“Ciao Alberto, vecchio scavezzacollo!”, lancio un saluto allegro mentre varco la soglia di Villa Dama. Alberto, con il suo sorriso da eterno giovanotto, si affretta ad accogliermi, prendermi il soprabito, e come sempre, inizia il suo show di complimenti.

“Sig.ra Sterling, è sempre un incanto vedere lei…”, dice, con quell’aria di chi ha appena visto un angelo mentre mi aiuta con il cappotto.

“Alberto, ma tu ci provi con tutte così o solo con me?”, rispondo con una risata, mentre lotto con la manica che proprio non vuole saperne di venire via.

“Ah, Vittoria, ma è solo la verità! Lei è bellissima, e io, beh, sono un semplice testimone della bellezza”, risponde lui, fingendo un inchino da cavaliere d’altri tempi.

“Guardati che sei sposato, marpione!”, ribatto. “E tua moglie, che direbbe se sapesse delle tue avances alle clienti?”.

“Oh, per carità, Vittoria! Che rimanga tra noi!”, dice sorridendo. “Sono solo complimenti amichevoli, niente di che. Una constatazione tra amici…”.

“Sì, sì, amici…”, dico, “ma un giorno o l’altro chiamerò tua moglie e le racconterò tutte le tue marachelle!”.

Alberto e io ci conosciamo da anni. Lui era uno dei camerieri durante la mia conferenza sulle Facebook ADS, sei anni fa. Da allora, è diventato un punto fermo ogni volta che vengo qui. È lui che mi ha dato il consiglio d’oro per la fiera dei cavalli, dove ho incontrato Onice, il mio fedele destriero. Siamo diventati amici nel tempo, e la sua famiglia l’ho conosciuta una sera ai mercatini di Natale a Gubbio, una serata indimenticabile.

Mentre ci dirigiamo verso la saletta riservata, Alberto mi racconta delle ultime novità del locale. Mi aspetta una cena d’affari con un gruppo di imprenditori, alcuni arrivati da Milano, tutti impazienti di parlarmi di un’idea di business per il 2024.

Il mio arrivo nella saletta riservata creò un’atmosfera che ricordava un film epico: appena varcai la soglia, tutti quegli imprenditori si alzarono in un movimento sincronizzato, come una sequenza coreografata, per accogliermi con entusiasmo. Ognuno di loro si affrettava a venire verso di me, a stretta di mano pronta, con un fervore che avrebbe fatto invidia ai più zelanti cortigiani di un re. Era quasi come entrare in un regno dove la mia presenza era l’evento clou, e loro, i sudditi, erano lì a rendere omaggio con impazienza e deferente curiosità.

Quella sera, come aveva notato Alberto, il mio abito era una scelta che parlava da sé in un ambiente raffinato come Villa Dama. Ero avvolta in un elegante abito da sera che sembrava nato dalle pagine di un romanzo di alta moda. Il tessuto era una seta scura, quasi nera, che giocava con la luce creando riflessi sottili e misteriosi. Il taglio era sofisticato, con una scollatura discreta che si apriva in modo fluido, come un fiore notturno. La gonna cadeva con grazia fino ai piedi, muovendosi con ogni mio passo in un flusso di tessuto che ricordava le onde di un mare calmo.

Il vestito era impreziosito da una serie di ricami sottili, filigrane d’argento che correvano lungo il corpetto e le maniche, evocando immagini di stelle sparse nel cielo notturno. Ogni dettaglio era studiato: i ricami erano posizionati con cura per accentuare la linea del corpo, creando un gioco di luci e ombre che esaltava la mia figura.

I miei capelli erano raccolti in un’elegante acconciatura, con qualche ciocca libera a incorniciare il viso, aggiungendo un tocco di spontaneità a un look altrimenti molto studiato. Il trucco era sobrio ma efficace, con toni caldi che mettevano in risalto i miei occhi e un rossetto che dava una nota vivace, ma non invadente.

Come tocco finale, avevo scelto un paio di orecchini pendenti, semplici ma raffinati, che catturavano la luce a ogni movimento, e una sottile collana di perle che aggiungeva un ulteriore strato di eleganza senza eccedere.

Greg ebbe la meglio sugli altri, perché fu l’unico a rimanere incollato alla mia sedia, che spostò con un gesto di grande cavalleria per poi farmi accomodare. Una volta seduta, approfittò di quella posizione privilegiata per avvicinarsi a me discretamente, piegandosi con un’aura di confidenza che toccava il limite del familiare. Mentre si chinava, le sue parole raggiunsero il mio orecchio come un sussurro: “Sei una meraviglia”. Le sue parole erano un mormorio quasi segreto, un complimento sottovoce che riecheggiava di ammirazione e forse di un pizzico di ossequio. C’era qualcosa nella sua voce, un tono che oscillava tra la sincerità e l’astuzia, che rendeva quel momento un incrocio intrigante tra cortesia e strategia.

Man mano che la serata si dipanava nel suo corso, il flusso del tempo sembrava accelerare, trascinato da un vortice di conversazioni vivaci e scambi di esperienze. Dopo una serie di presentazioni formali, ciascuno con il proprio repertorio di aneddoti e storie, l’atmosfera si riscaldò sotto il peso delle risate e delle chiacchiere leggere, ma sempre con un sottotesto di affari e strategie. Tra una battuta e l’altra, discutevamo della gestione d’impresa, delle ultime novità nei vari mercati, creando un tessuto di relazioni professionali e personali che si intrecciavano con naturalezza.

Intanto, Alberto e il suo gruppo di camerieri orchestravano con maestria il servizio, portando in tavola una serie di prelibatezze che seducevano sia il palato che gli occhi. I piatti erano una sinfonia di sapori e colori, ogni portata un capolavoro che si aggiungeva al precedente, rendendo la serata non solo un incontro di menti, ma anche un vero e proprio festival culinario.

Ma, nonostante il piacere delle chiacchiere e delle delizie culinarie, tutti sapevamo che c’era un momento clou, il motivo principale per cui ero stata invitata quella sera: discutere di Chat GPT. Questo argomento, che pendeva sulle nostre teste come una stella luminosa, era il vero fulcro della serata, il punto di convergenza di tutti gli interessi e le curiosità presenti. Chat GPT, con le sue promesse e i suoi misteri, era l’elemento attorno al quale si concentravano aspettative e domande, un tema che prometteva di aprire nuovi orizzonti nel campo degli affari e della tecnologia.

La conversazione prese una svolta seria quando Sandrino, il più giovane ma non meno influente membro del gruppo, iniziò a parlare. La sua voce era calma ma carica di un’energia quasi palpabile. Era il titolare di un’agenzia di comunicazione in rapida ascesa e noto per la sua visione avanguardistica. “Vicky, tutti noi qui conosciamo Chat GPT. È uno strumento che usiamo quotidianamente e ne apprezziamo sia le potenzialità che i limiti. Tuttavia”, continuò, lanciandomi uno sguardo che tradiva un misto di rispetto e aspettativa, “credo che sia giunto il momento di fare un salto di qualità. Il nostro obiettivo è creare una squadra di alto livello, in grado di offrire alle aziende formazione e consulenza specifica per integrare Chat GPT nei loro processi strategici”.

“Cioè?”, chiesi, inclinando leggermente la testa, la mia curiosità genuina evidente nella mia voce.

Prima che Sandrino potesse rispondere, Greg, con la sua solita foga e lo sguardo accalorato di chi ha sempre una risposta pronta, prese la parola. “Scusa Sandrino, permettimi di spiegare meglio a Vicky”, disse, rivolgendosi a me. “Vogliamo essere i pionieri in questo campo, sfruttare l’opportunità ora che siamo ancora nelle fasi iniziali. Ma per fare questo, abbiamo bisogno di capire come la pensi tu, Vicky, e in che modo potresti contribuire al nostro progetto”.

“Sembra che mi stiate dicendo che il piatto è ricco e che volete che mi ci ficco, ma senza avere ancora le idee ben chiare su come procedere, giusto?”, risposi, con un sorriso malizioso che sottolineava il mio interesse misto a una sfida giocosa. La mia domanda, posta in maniera diretta ma con un tocco di ironia, serviva a chiarire il terreno su cui ci stavamo muovendo e a sondare la profondità della loro proposta.

Greg annuì leggermente, confermando la mia intuizione. “Più o meno…”, ammise, mentre io sorseggiavo un bicchiere di Brunello di Montalcino. Accavallando le gambe, mi adagiai sullo schienale della sedia, preparandomi a spiegare il mio punto di vista.

“Vedete”, iniziai, “da come la vedo io, il processo si articola in due fasi distinte. La prima riguarda la scoperta e l’adozione di Chat GPT da parte di aziende e manager. Questo implica una fase di sensibilizzazione e di comprensione delle potenzialità di questo strumento; la seconda riguarda il training data…”

Fu Matteo, seduto accanto a Greg, a interrompermi. La sua espressione era quella di chi cerca chiarezza in un mare di termini tecnici. “Puoi spiegarti in modo più semplice?”, chiese.

“Sì, stavo per dire infatti”, ripresi a spiegare, “che la seconda fase si concentra sul training data, ovvero sui dati di addestramento di Chat GPT. Questo significa preparare e personalizzare l’intelligenza artificiale in modo che possa rispondere in maniera efficace e specifica alle esigenze di un’azienda”.

Mentre parlavo, osservavo i loro volti, cercando di capire se stessero seguendo il mio ragionamento. Capivo che alcuni di loro faticavano a tenere il passo con le implicazioni tecniche di ciò che stavo dicendo. Ma non mi preoccupavo. Ero l’esperta, il faro nel buio della loro incomprensione. Ero io a decidere cosa far loro comprendere, a guidarli attraverso il complesso mondo di Chat GPT e del suo impatto sul business. Era il mio ruolo, il mio palcoscenico, e io avevo il controllo della situazione.

Mentre il Brunello di Montalcino scivolava sulla mia lingua, portando con sé un gusto che stimolava la mente quanto il palato, decisi di creare un po’ di suspence, un po’ di teatro prima di arrivare al dunque.

Ripresi con tono autorevole, ma con un guizzo malizioso negli occhi: “I dati di addestramento di alta qualità sono fondamentali per un efficace processo di machine learning. Pensateli come il carburante che alimenta il motore di un’auto di lusso. Senza dati di qualità, il modello non può evolversi, non può apprendere in modo corretto. Questi dati sono la linfa vitale del modello, il suo manuale di istruzioni, la mappa che guida il suo percorso di apprendimento. Dopo l’addestramento, il modello dovrebbe essere in grado di navigare in acque non esplorate, di identificare modelli in set di dati completamente nuovi, basandosi sulle conoscenze acquisite”.

A quel punto, cominciai a ridere, rompendo il clima di serietà che avevo creato. Vedevo nei loro occhi una miscela di ammirazione e confusione, come se avessi appena eseguito un trucco di magia di fronte a un pubblico di bambini.

“Dai, Vicky, per favore…”, si lamentò Greg, la sua espressione era un misto di divertimento e leggera frustrazione.

“Non sono stata chiara?”, chiesi, giocando con la tensione, come un gatto con un gomitolo di lana.

“Per me sì”, rispose una voce alle mie spalle. Era quella di Alberto, il cameriere che aveva seguito la conversazione con un sorriso complice. Gli risposi con un occhiolino, poi mi girai verso il resto del gruppo. “Va bene, allora lasciatemi provare a spiegare in un modo un po’ più semplice, più diretto. Immaginate Chat GPT come un apprendista che impara dal maestro, dove i dati di addestramento sono le lezioni che impartite. Più sono ricche e variegate queste lezioni, più il vostro apprendista diventerà abile e versatile. Quindi, la chiave è alimentare Chat GPT con dati che siano non solo accurati, ma anche diversificati e rappresentativi del contesto in cui volete che operi. Semplice, no?”.

“Sì, ma come rendiamo tutto questo un progetto concreto e scalabile per il 2024?”, chiese Sandrino, inclinando leggermente il capo, un lampo di curiosità nei suoi occhi.

“Vediamo, Sandrino, la prima fase è incentrata sulla formazione di base. Si tratta di introdurre Chat GPT nei vari ambiti aziendali”, spiegai, sentendo lo sguardo di tutti fissato su di me. “Questa formazione può essere realizzata attraverso video corsi, webinar, o guide scritte, magari su un sito web appositamente creato per questo scopo. Immaginate una piattaforma dove i manager e i dipendenti possano imparare a utilizzare Chat GPT in modo efficace e strategico”.

Un attimo di silenzio, in cui tutti sembravano digerire l’idea, poi continuai: “La seconda fase, invece, è dove si nasconde il vero tesoro. È più sofisticata e, di conseguenza, anche più remunerativa. Parliamo di una formazione avanzata, in loco, personalizzata per ogni azienda. È un servizio che potrebbe essere molto costoso, ma i benefici di avere un GPT personalizzato, integrato nei processi interni e strategici dell’azienda, sono enormi”.

Mi fermai per assaggiare i mandorlati che Alberto aveva delicatamente posto davanti a me.

“E ora, la parte più intrigante”, dissi, attirando nuovamente la loro attenzione. “La seconda fase richiede la formazione di esperti in dati di addestramento. Questi professionisti saranno molto richiesti e ben pagati, poiché avranno la competenza di formare formidabili GPTs che le aziende potranno mettere in uso per i processi interni oppure rilasciare come lead magnet di nuova generazione, se non addirittura vendere come prodotto dinamico e interattivo. Capite l’enorme potenziale che stiamo discutendo?”.

I loro volti riflettevano un mix di ammirazione e calcolo, come se stessero già immaginando le infinite possibilità che una tale strategia potrebbe aprire. 

“Adesso, sì,” Greg annuì con una nuova luce di comprensione negli occhi.

“Il discorso si fa davvero interessante,” Matteo si inserì, appoggiandosi allo schienale della sedia con un’espressione pensierosa.

“E come potremmo collaborare su questo progetto, Vicky?”, chiese Sandrino, appoggiando i gomiti sul tavolo e inclinandosi verso di me.

Con un sorriso appena accennato e un tono sereno ma fermo, risposi: “Beh, con un paio di bonifici generosi e una quota societaria non sarebbe male, vero?” Il mio commento generò un breve momento di sorpresa, seguito da risate compiaciute. Greg, che mi conosceva da tempo, annuì con un sorriso complice. Sapevo che sarebbe stato in ufficio il giorno dopo per mettere nero su bianco la nostra collaborazione.

La serata proseguì in un clima rilassato, tra chiacchiere leggere e risate. Si parlava di tutto un po’, dalla politica al mercato azionario, ma sempre con quel pizzico di umorismo che rendeva la conversazione piacevole e disimpegnata.

Quando fu il momento di andarmene, trovai Alberto vicino alla porta, in attesa con il mio soprabito. Con la sua solita eleganza, mi aiutò a indossarlo. “Li hai folgorati, Vittoria,” commentò con un tono complice e un sorriso ammirato.

“Grazie, Alberto. Ma tu fai il bravo, mascalzone,” risposi, puntando l’indice in tono giocoso.

Lui rispose con un sorriso malizioso. “Ma Vittoria, io sono sempre il bravo ragazzo della porta accanto. Sai bene che non posso resistere al fascino di una donna come te.”

Con un’ultima risata e un saluto, uscii da Villa Dama, lasciandomi alle spalle una serata di successo e il ricordo di una conversazione piacevole. E sapevo che, come sempre, Alberto avrebbe trasmesso alla sua moglie solo i migliori saluti, mantenendo il nostro gioco di flirt innocuo e divertente.

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Carlo D’Angiò

Autore, publisher e speaker di rilievo. Consulente e coach specializzato in blogging business e online marketing. Podcaster appassionato e pioniere nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale applicata al testo e alla grafica.

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