Neuromarketing e fumatori, ecco perché le immagini sui pacchetti non funzionano

Il neuromarketing ci spiega cosa succede nel cervello dei fumatori che sono invogliati a fumare di più proprio grazie alle immagini choc stampate sui pacchetti. Ma procediamo per gradi.

Il cervello

Il cervello è un organo complesso di circa 1.300/1.500 gr, situato all’interno del cranio, che ha la capacità di contenere il 95% di tutto il tessuto nervoso dell’organismo. Oltre a permetterti di pensare, ragionare, sentire, socializzare, vivere, memorizzare, apprendere, percepire, parlare, controlla i tuoi movimenti, le tue emozioni, i tuoi sensi. È una macchina perfetta che riceve, elabora, integra ed interpreta tutte le informazioni interne ed esterne al tuo corpo.

Neurotrasmettitori

All’interno del cervello vivono circa 100 miliardi di cellule nervose, ognuna delle quali sviluppa in media 10 mila connessioni con le cellule vicine, dando vita alle sinapsi. Ma perché ti sto parlando dei neuroni? Penserai. Perché i neuroni comunicano tra di loro con i neurotrasmettitori, parole di un linguaggio molto complesso, in grado di fornire istruzioni dettagliate. Neurotrasmettitori come l’acetilcolina, l’adrenalina, la noradrenalina, la dopamina, la serotonina, ecc., hanno il compito di provocare risposte immediate.

Molecola di serotonina

Hai mai sentito parlare della correlazione tra stimolo e risposta? O del sistema della ricompensa (che gestisce e influenza la propensione all’acquisto)?

Ecco, a questo servono!

Il neuromarketing condiziona i fumatori

La maggior parte delle tue scelte sono influenzate da decisioni irrazionali, inconsce. Non importa quanto tu possa credere di scegliere o desiderare consapevolmente qualcosa, tutto quello che tu possiedi è il risultato di migliaia di studi di neuromarketing.

Il neuromarketing è una disciplina molto recente, nata dall’unione tra il marketing tradizionale (economia), il fantastico mondo della psicologia (scienze comportamentali) e neurologia (medicina).

L’obiettivo di questo potentissimo e fantastico mondo è comprendere e illustrare ciò che accade nel cervello, a livello conscio e inconscio, in risposta agli stimoli inviati da prodotti o pubblicità e cercare di elaborare le strategie che permettono l’aumento della probabilità di acquisto nel cliente.

Ti faccio un esempio molto semplice che penso possa farti capire il concetto. Tutti noi abbiamo notato che gli avvertimenti sui pacchetti di sigarette sembrano avere scarso effetto sui fumatori.

Avvertimenti sui pacchetti di sigarette

Non importa quanto siano cruente le immagini, non importa se rappresentano tumori ai polmoni e alla bocca, ulcerazioni aperte, denti in decomposizione, dita in cancrena. Eppure, nonostante questi scarsi risultati, i grandi marchi continuano a spendere milioni di euro all’anno per far comparire quelle foto sui pacchi di sigarette.

Secondo te, lo fanno perché amano buttare i soldi? Ovviamente no.

La ricerca di Martin Lindstrom

Martin Lindstrom

Martin Lindstrom, uno dei più apprezzati esperti di branding al mondo, nel 2004 cercò di capire perché i fumatori non venivano minimamente dissuasi da queste immagini cruente.

Lo studio, che è durato tre anni ed è costato 7 milioni di dollari, ha coinvolto 2.081 soggetti provenienti da America, Germania, Inghilterra, Giappone e Cina. Hanno partecipato 200 ricercatori, 10 professori e un comitato etico.

L’equipe di ricerca è stata guidata dalla dottoressa Gemma Calvert, docente di Applied Neuro-Imaging all’Università di Warwick in Inghilterra, e il professor R. Silberstein, CEO di Neuro-Insight in Australia.

Per verificare come reagisce il cervello a una pubblicità, hanno utilizzato due tra gli strumenti più sofisticati per la scansione del cervello: la fMRI, uno strumento solitamente utilizzato per la diagnosi di tumori o danni articolari che, monitorando il flusso di sangue ossigenato nel cervello, riesce ad identificare quali aree del cervello lavorano in ogni istante, e l’SST, una versione avanzata dell’elettroencefalografo che monitora in tempo reale le onde rapide del cervello.

L’esperimento prevedeva che i fumatori, prima di sottoporsi all’fMRI, dovevano compilare dei questionari, rispondendo a domande del tipo: “È influenzata/o dagli avvertimenti sui pacchetti di sigarette?”, oppure, “Fuma di meno per questo?”.

Come puoi ben immaginare, le risposte furono affermative. Ovvero, ogni fumatore pensava di essere dissuaso nel fumare dalle immagini, in realtà lo studio rivelò tutt’altro.

Risultati scioccanti

Dopo le interviste, l’esperimento è proseguito all’interno della fMRI. Ogni fumatore rimase sotto lo scanner per un pò più di un’ora, e venivano mostrate loro delle diapositive rappresentanti etichette dissuasive presenti sui pacchetti di sigarette.

Durante la visione di tali immagini gli intervistati dovevano esprimere la propria voglia di fumare. I risultati sono stati scioccanti. Riporto le parole di Lindstrom:

Le etichette dissuasive sui lati, davanti e dietro i pacchetti di sigarette non avevano alcun effetto sulla voglia di fumare dei fumatori. Zero. In altre parole, tutte quelle fotografie sottostanti, le disposizioni dei governi, i miliardi di dollari investiti in campagne contro il fumo da 123 paesi, tutto risultava, alla fine, be’, solo un grande spreco di denaro.

Il nucleus accumbens

Ma la cosa realmente sconvolgente fu quello che la dottoressa Calvert aveva scoperto analizzando ulteriormente i risultati. Queste etichette “dissuasive”, sia quelle più morbide, sia quelle più crude, avevano intensamente stimolato il centro del desiderio del cervello, il nucleo accumbens. Un’area del cervello che si attiva, in contemporanea con l’aumento della produzione di dopamina, quando l’organismo desidera qualcosa (alcol, droga, sesso, tabacco, gioco d’azzardo). Quindi, non solo le etichette dissuasive non riuscivano a distogliere dal fumo, ma incoraggiavano i fumatori ad accendersi una sigaretta.

Non solo le etichette dissuasive non riescono a distogliere dal fumo, ma incoraggiano i fumatori ad accendersi una sigaretta.

Le etichette che dovrebbero allontanare il fumatore dal tabacco, ridurre i tumori e salvare le vite, sono un formidabile strumento di marketing per l’industria del tabacco.

Questo è per farti capire come le forze subconsce che stimolano il nostro cervello per farci aprire il portafoglio sono alla mercé totale di questo mondo globalizzato.

Comportamenti di acquisto

Come Lindstrom, tanti altri studiosi hanno deciso di indagare il complicatissimo e affascinante meccanismo del cervello nei comportamenti di acquisto. Infatti, le raccomandazioni basate su studi neuroscientifici sono di grande interesse per i ricercatori e gli operatori del mercato. Molti studi che si occupano della trasmissione di messaggi di marketing visivi statici sono stati e sono tuttora ispirati dalle infinite conoscenze sul cervello derivate dal mondo della psicologia.

C’è chi si è interessato al ruolo della lateralizzazione emisferica del cervello nel marketing (di cui parleremo in seguito). Chi ha trovato interessante analizzare i comportamenti d’acquisto di un prodotto in base al font e alla spaziatura fra lettere. Chi riconosce l’importanza del colore di uno sfondo o della scrittura in base a ciò che si deve vendere e a chi si deve vendere, soprattutto. Chi si è concentrato sulla posizione del nome del marchio su un prodotto.

E nel web?

Oppure, nella costruzione di siti web, quale font è preferito dal pubblico? Qual è la dimensione del testo che risulta più fruibile al cliente? Quanto è importante la componente emotiva nel ricordare un logo? Che ruolo gioca la familiarità di un volto, di un’immagine, di una scritta, nel preferire un prodotto ad un altro? Il genere, l’attenzione, l’istruzione, la condizione economica, la cultura, la storia personale del cliente, come può aiutarti a costruire il prodotto finale che vuoi vendere?

Perché sto parlando con te dandoti del TU? Ci conosciamo? No. Ma chiunque studi psicologia, sa quanto sia importante, nella comunicazione di massa, del tipo “uno a tanti”, dare del TU.

Ovviamente, non è una regola che può essere applicata a qualsiasi contesto, poi ti spiegherò anche questo. Ma nel mio caso, sto avendo una comunicazione pubblica con te. Non sarebbe professionale farlo con un mio futuro paziente nel mio studio privato. Ma tu non sei un mio paziente, sei un mio lettore.

Settimanalmente pubblicherò un articolo in cui ti spiegherò il magnifico ruolo del cervello e della psicologia nei comportamenti di acquisto dei clienti.

Non perderti i prossimi suggerimenti.

4 Commenti

  1. Rosanna

    Molto molto interessante!
    Come tuo padre ci hai fatto solo sentire il profumo dell’antipasto lasciandoci con l’acquolina in bocca!

    Ti seguirò con piacere e con estremo interesse!
    Un saluto a Carlissimo.

    Buona vita Roberta.

    Rispondi
    • Roberta D'Angiò

      Grazie mille. Il prossimo argomento sarà ancora più interessante.

      Rispondi
  2. Josè Scafarelli

    Che domande… mi dai del tu perchè ci conosciamo da 15 anni! 😂😂😂
    Comunque molto interessante l’articolo…
    Sinceramente credo che ai fumatori venisse voglia di fumare perchè avevano già creato delle neuroassociazioni tra il fumare e quel tipo di foto… per questo quando le guardavano, veniva loro la voglia.
    Vabbè, ma questo comunque non cambia il risultato finale: con la mente razionale decidiamo giusto giusto quale giustificazione dare alle decisioni già prese dal subconscio.
    E chest’è!

    1abbraccione a tutti!
    Josè

    Rispondi
    • Roberta D'Angiò

      Infatti, i processi che si attivano nel cervello possono essere infiniti. Possono anche avvenire più processi insieme senza che nessuno escluda l’altro. Ma come hai detto tu, il risultato finale, quello vero, che dovrebbe interessare tutti, è che a livello cosciente i fumatori negavano il ruolo delle immagini nell’influenzare la loro voglia di fumare. Le decisioni vengono prese ad altri livelli più profondi, che poco hanno a che vedere con la razionalità. Grazie per aver lasciato un tuo commento e le tue riflessioni 😉

      Rispondi

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